Perdite di urina e benessere dell’assistito: quando l'ascolto è più efficace delle medicine
Se i progressi in campo medico e farmacologico hanno permesso grandi passi avanti nella cura dei disagi fisici legati all’incontinenza urinaria, l’aspetto psicologico si rivela molto più delicato da gestire: e se il rimedio per le perdite di urina fosse a portata di ascolto?
Farmaci, chirurgia, ausili assorbenti, ginnastica pelvica: sono tanti i rimedi che oggi permettono a chi soffre di perdite di urina di vivere una vita piena e attiva. Almeno a livello teorico: perché nella pratica l’incontinenza e le conseguenti perdite di urina scatenano in chi ne soffre paure e timori difficilmente curabili con le medicine. È proprio in quel momento che diventa importante il vostro ruolo di assistenti, un ruolo dove l’umanità e il calore conta più di tutto il resto.
Non esco, non vedo, non parlo
Il primo rischio sociale è la tendenza all’auto-isolamento. Troppo grande, per chi soffre di perdite di urina, la paura di visitare luoghi privi di toilette, o l’angoscia di far percepire agli altri odore di urina: meglio abbandonare hobby e amici, uscite e viaggi, rimanendo al sicuro in casa. Perché chi soffre di perdite di urina si considera un peso per sé e per gli altri; il senso di imbarazzo lo attanaglia in modo così forte da spingerlo a contromisure quali l’assenteismo prolungato da lavoro o la rinuncia al sesso, con gravi conseguenze in ambito lavorativo e sentimentale.
La non-accettazione del problema delle perdite di urina porta spesso anche alla cattiva gestione dello stesso: non parlarne con familiari e medico di fiducia, non farsi consigliare nella scelta del prodotto assorbente adatto o dello stile di vita migliore per limitare l’incidenza delle perdite di urina amplifica le conseguenze dell’incontinenza, finendo per gravare molto di più sulla qualità della vita del vostro caro.
Aprirsi al dialogo per chiudere con le perdite
Il primo consiglio è di diventare un ascoltatore sereno, e un attento suggeritore: mostrati sempre comprensivo, positivo, sensibile. Le perdite di urina sono una patologia difficile da raccontare, e se il tuo assistito riesce ad aprirsi fagli capire che stai apprezzando l’enorme sforzo.
Invitalo a chiedere il parere di uno specialista, accompagnalo nelle scelte terapeutiche e nella gestione quotidiana dell’incontinenza: per far tornare il sorriso spesso non ci vuole una cura, basta semplicemente un altro sorriso.
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Incontinenza urinaria e anziani: le probabilità aumentano con la terza età
Il dato è di quelli facili da prevedere: il rischio di incontinenza urinaria e fecale aumenta negli anziani, con l’avanzare degli anni. Quali sono i meccanismi, le conseguenze e le migliori contromisure da prendere per gli anziani?
Come ogni parte del nostro corpo, anche l’apparato urinario subisce gli effetti del tempo: succede così che l’incontinenza (sia urinaria che fecale), aumenti di molto la sua incidenza tra gli anziani con più di 65 anni.
Incontinenza urinaria: qualche dato
Tra il sesso maschile, la diffusione dell’incontinenza urinaria è direttamente proporzionale all’insorgenza di patologie prostatiche, come nel caso dell’ipertrofia prostatica benigna e del meno frequente tumore: in generale possiamo sostenere che, negli anziani, si tratta prevalentemente di incontinenza da urgenza e da rigurgito. Diverso il discorso per le donne che soffrono di incontinenza urinaria: la forte predominanza di incontinenza funzionale (causata dalla disabilità) e da sforzo (legata a una lassità dei muscoli del pavimento pelvico) fa capire come questa patologia sia meno legata agli effetti della senilità, e più a questioni fisiologiche.
In generale, nel complesso il problema dell’incontinenza urinaria è diffuso nei soggetti anziani con età superiore ai 65 anni; percentuale che aumenta tra i pazienti anziani ricoverati in ospedale o in Casa di Riposo, soprattutto se associata a demenza, incontinenza fecale e disabilità.
Incontinenza fecale: qualche dato
Quando si parla di incontinenza fecale, una delle forme più diffusa nella popolazione anziana è indipendente dal sesso: è l’incontinenza da sovrafflusso, ovvero la perdita di feci secondaria a un eccessivo accumulo intestinale. La causa principale dell’incontinenza? Stitichezza cronica, disturbo comune per molti anziani.
La terapia migliore parte dalla comprensione
Molti anziani non trovano il coraggio di parlare del problema dell’incontinenza urinaria né al proprio medico, né alla sua famiglia. Con ripercussioni decisamente negative sulla qualità della sua vita: gli anziani, già gravati da una spesa notevole, devono subire il peso psicologico di una condizione che vedono come invalidante, imbarazzante, dura da affrontare perché ne condiziona ogni ambito della vita sociale (la paura di bagnarsi, le limitazioni dei movimenti, il disagio legato all’odore e alla sensazione di scarsa igiene).
Invogliateli a parlarne senza tabù, cercando di mostrarvi comprensivi e sdrammatizzando il problema dell’incontinenza urinaria quando potete: per guarire la solitudine e l’isolamento non servono farmaci, spesso basta una parola buona.
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Le cause dell’incontinenza urinaria. Le perdite posson venire da lontano.
Tutti siamo portati a pensare che le perdite urinarie o fecali siano diretta conseguenza del malfunzionamento dei rispettivi apparati: spesso è così, ma potrebbero non essere le uniche cause. L’incontinenza può avere molteplici cause, tra cui patologie che poco o nulla hanno a che vedere con vescica, uretra o intestino; scopriamole insieme.
Oltre alle tipologie di incontinenza trattate nelle sezioni “Per Lei” e “Per Lui”, esistono altre cause che contribuiscono alla comparsa dell’incontinenza sia urinaria che fecale, fattori frequenti soprattutto tra le persone anziane.
Nell’incontinenza urinaria
Una delle forme frequenti di incontinenza urinaria tra le persone con più di 65 anni è di tipo funzionale, ovvero le cui cause non sono correlate a una patologia dell’apparato urinario inferiore. Le cause dell’incontinenza più diffuse? Demenze come l’Alzheimer, patologie che rendono difficile il raggiungimento del bagno come il Parkinson o l’artrosi evoluta, esiti di ictus, danni neurologici o malattie che determinano allettamento: ovunque ci sia un grosso deficit cognitivo o motorio, è possibile l’insorgenza di incontinenza di varia entità. Per stabilire che si tratti di incontinenza funzionale è necessario svolgere una diagnosi di esclusione, che confermi cioè, attraverso esami specifici, l’assenza di danni vescico-uretrali.
Nell’incontinenza fecale
Può sembrare un disturbo poco frequente, ma l’incontinenza fecale colpisce molte persone. Distinguiamo le tipologie e le cause più comuni di incontinenza fecale:
– incontinenza da sovrafflusso, ossia la perdita di feci per eccessivo accumulo e ingombro intestinale dovuto alla stitichezza, a sua volta causata da immobilità, effetti collaterali dei farmaci, patologie neurologiche, una dieta povera di fibre e scarsa idratazione;
– incontinenza funzionale, che risponde allo stesso principio di quella urinaria e risulta tanto più grave quanto più è elevata la disabilità;
– incontinenza associata a demenza, causata prevalentemente all’impossibilità di controllare lo sfintere;
– incontinenza reversibile, le cui cause sono l’abuso di lassativi, l’intolleranza al lattosio, infezioni gastroenteriche ed effetti degli antibiotici sulla flora batterica intestinale.
Le malattie causa di incontinenza urinaria e fecale sono invece l’ictus, il diabete, i traumi spinali con danno delle fibre nervose coinvolte nel controllo delle sfintere intestinale. A livello del retto possono essere cause dell’insorgenza di incontinenza i traumi da parto, gli interventi chirurgici, le emorroidi, i prolassi e le fratture del bacino.
Ricorda sempre che l’incontinenza non è una vera e propria malattia, ma è più una conseguenza dovuta a diverse patologie. È quindi di fondamentale importanza consultare il medico di famiglia per effettuare una diagnosi corretta delle cause dell’incontinenza e poter prestare così la migliore cura al tuo assistito.
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Enuresi notturna: come riconoscerla e come trattarla?
Dopo i 5 anni di età se un bambino perde urina nel sonno, involontariamente, si parla di enuresi notturna. Una condizione molto diffusa e assolutamente non patologica. Ma come si riconosce l’enuresi e, soprattutto, come si tratta perché non diventi un problema per il bambino e per la famiglia?
Per distinguere l’enuresi vera e propria da forme secondarie possono aiutare un esame delle urine che esclude infezioni, un’ecografia delle vie urinarie e della vescica, la compilazione del diario minzionale ed in alcuni casi anche uno studio urodinamico. Il primo passo per risolvere il problema è parlarne con il pediatra e, solo se necessario, utilizzare le terapie o strategie di comportamento.
Può essere utile, inoltre, modificare le abitudini di comportamento alimentare e di assunzione di liquidi che deve essere normale durante l’arco della giornata, ma ridotta nelle ore precedenti al sonno. Anche ricordare al bambino di urinare prima di coricarsi può essere di aiuto. Importante è abituare il bambino a urinare regolarmente evitando di trattenersi per periodi troppo lunghi.
Esistono, infine, anche dei farmaci che possono aiutare e che devono essere prescritti a seconda dei casi specifici. Non dimentichiamo l’aspetto psicologico, il bambino non va mai punito o umiliato ma sempre rassicurato e sostenuto nelle sue difficoltà. Questo è il primo passo per affrontare serenamente questi episodi.
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L’enuresi notturna nei bambini sopra i 5 anni: una condizione benigna da non trascurare
Molti bambini soffrono di enuresi notturna, ovvero di perdita involontaria di urina durante il sonno dopo i 5 anni di età. A 7 anni alcuni bambini manifestano questo problema che si va risolvendo progressivamente con la crescita e per questo motivo è considerata una condizione benigna.
Essendo un problema molto diffuso è importante che il pediatra, il medico di medicina generale, lo specialista, ma anche e soprattutto i genitori sappiano riconoscerla, valutando la quantità di urina persa e il numero di episodi per notte, per poterla trattare in modo adeguato il più precocemente possibile. Lo svegliarsi con il pigiama e le lenzuola bagnate è fonte di grande stress per il bambino e può minare, alla lunga, la stima che ha di sé. Il trattamento è indicato dopo i 7-8 anni di età, mentre non è ritenuto necessario in linea di massima nei bambini più piccoli in quanto è molto probabile una guarigione spontanea.